sabato 30 agosto 2008

Ore 2


Il paggio m'additò un gabinetto ove innoltratomi appena, mi si fe' incontro una donna di forse trentacinque anni leggiadramente vestita, e ch'io non avrei presa mai per cameriera se non mi si fosse appalesata ella stessa, dicendomi - La padrona è a letto ancora: a momenti uscirà. Un campanello la fe' correre nella stanza contigua ov'era il talamo della Dea, ed io rimasi a scaldarmi al caminetto, considerando ora una Danae dipinta sul soffitto, ora le stampe di cui le pareti erano tutte coperte, ed ora alcuni romanzi francesi gittati qua e là. In questa le porte si schiusero, ed io sentiva l'aere d'improvviso odorato di mille quintessenze, e vedeva madama tutta molle e rugiadosa entrarsene presta presta e quasi intirizzita di freddo, e abbandonarsi sovra una sedia d'appoggio che la cameriera le preparò presso al fuoco. Mi salutava più con le occhiate, che con la persona - e mi chiedea sorridendo s'io m'era dimenticato della promessa. Io frattanto le porgeva il libro osservando con meraviglia ch'ella non era vestita che di una lunga e rada camicia la quale non essendo allacciata radeva quasi il tappeto, lasciando ignude le spalle e il petto ch'era per altro voluttuosamente difeso da una candida pelle in cui ella stavasi involta. I suoi capelli benché imprigionati da un pettine, accusavano il sonno recente; perché alcune ciocche posavano i loro ricci or sul collo, or fin dentro il seno, quasi che quelle picciole liste nerissime dovessero servire agli occhi inesperti di guida; ed altre calando giù dalla fronte le ingombravano le pupille; essa frattanto alzava le dita per diradarle e talvolta per avvolgerle e rassettarle meglio nel pettine, mostrando in questo modo, forse sopra pensiero, un braccio bianchissimo e tondeggiante scoperto dalla camicia che nell'alzarsi della mano cascava fin'oltre il gomito. Posando sopra un piccolo trono di guanciali si volgeva con compiacenza al suo cagnuolino che le si accostava e fuggiva e correva torcendo il dosso e scuotendo le orecchie e la coda. Io mi posi a sedere sopra una seggiola avvicinata dalla cameriera che si era già dileguata. Quell'adulatrice bestiuola schiattiva, e mordendole e scompigliandole, quasi avesse intenzione, con le zampine gli orli della camicia, lasciava apparire una gentile pianella di seta rosa-languida, e poco dopo un picciolo piede, o Lorenzo, simile a quello che l'Albano dipingerebbe a una Grazia ch'esce dal bagno. O! se tu avessi, com'io, veduto Teresa nell'atteggiamento medesimo, presso un focolare, anch'ella appena balzata di letto, così discinta, così - chiamandomi a mente quel fortunato mattino mi ricordo che non avrei osato respirar l'aria che la circondava, e tutti tutti i miei pensieri si univano riverenti e paurosi soltanto per adorarla - e certo un genio benefico mi presentò la immagine di Teresa; perch'io, non so come, ebbi l'arte di guardare con un rattenuto sorriso il cagnuolino, e la bella, poi il cagnuolino, e di bel nuovo il tappeto ove posava il bel piede; ma il bel piede era intanto sparito. M'alzai chiedendole perdono ch'io fossi venuto fuor d'ora; e la lasciai quasi pentita - certo; di gaja e cortese si fe' un po' contegnosa - del resto non so. Quando fui solo, la mia ragione, che è in perpetua lite con questo mio cuore, mi andava dicendo: Infelice! temi soltanto di quella beltà che partecipa del celeste: prendi dunque partito, e non ritrarre le labbra dal contravveleno che la fortuna ti porge. Lodai la ragione; ma il cuore aveva già fatto a suo modo. - T'accorgerai che questa lettera la è ricopiata, perch'io ho voluto sfoggiare lo bello stile.
O! la canzoncina di Saffo! io vado canticchiandola scrivendo, passeggiando, leggendo: né così io vaneggiava, o Teresa, quando non mi era conteso di poterti vedere e udire: pazienza! undici miglia ed eccomi a casa; e poi altre due; e poi? - Quante volte mi sarei fuggito da questa terra se il timore di non essere dalle mie disavventure strascinato troppo lontano da te, non mi trattenesse in tanto pericolo? qui siamo almeno sotto lo stesso cielo.
P.S. Ricevo in questo momento tue lettere - e torna, Lorenzo! la è pure la quinta volta che tu mi tratti da innamorato: innamorato sì, e che perciò? Ho veduto di molti innamorarsi della Venere Medicea, della Psiche, e perfin della Luna o di qualche stella lor favorita. E tu stesso non eri talmente entusiasta di Saffo, che pretendevi ravvisarne il ritratto nella più bella donna che tu conoscessi, trattando da maligni e ignoranti coloro che la dipingono piccola, bruna, e bruttina anzi che no?
Fuor di scherzo: conosco d'essere un cervello bizzarro, e stravagante fors'anche; ma dovrò perciò vergognarmi? di che? - da più dì tu mi vuoi cacciar per la testa il grillo di arrossire: ma, salva la tua grazia, io non so, né posso, né devo arrossire di cosa alcuna rispetto a Teresa, né pentirmi, né dolermi. - E viviti lieto.

venerdì 29 agosto 2008

Padova, 11 Dicembre



Ho conosciuto la moglie del patrizio M*** che abbandona i tumulti di Venezia e la casa del suo indolente marito per godersi gran parte dell'anno in Padova. Peccato! la sua giovane bellezza ha già perduto quella vereconda ingenuità che sola diffonde le grazie e l'amore. Dotta assai nella donnesca galanteria, si studia di piacere non per altro che per conquistare; così almeno giudico. Tuttavolta, chi sa! Ella sta con me volentieri, e mormora meco sottovoce sovente, e sorride quando la lodo; tanto più ch'ella non si pasce come le altre di quell'ambrosia di freddure chiamate be' motti, e frizzi di spirito, indizj sempre d'animo nato maligno. Ora sappi che jer sera accostando la sua sedia alla mia, mi parlò d'alcuni miei versi, e innoltrando di mano in mano a ciarlare di sì fatte inezie, non so come, nominai certo libro di cui ella mi richiese. Promisi di recarglielo io stamattina; addio - s'avvicina l'ora.

mercoledì 27 agosto 2008

Padova, 7 Dicembre

Non lo vo' dire; pur temo assai non tu m'abbia pigliato in parola e ti sia maneggiato a tutto potere per cacciarmi dal mio dolce romitorio. Jeri mi sopravvenne Michele a darmi avviso da parte di mia madre ch'era già allestito l'alloggio in Padova dov'io aveva detto altra volta (davvero appena me ne sovviene) di volermi ridurre al riaprirsi della università. Vero è ch'io avea fatto sacramento di venirci; e te n'ho scritto; ma aspettava il signore T*** - non per anche tornato. Del resto, ho fatto bene a cogliere il punto della mia vocazione, e ho abbandonato i miei colli senza dire addio ad anima vivente. Diversamente, malgrado le tue prediche e i miei proponimenti, non mi sarei partito mai più: e ti confesso ch'io mi sento un certo che d'amaro nel cuore, e che spesso mi salta la tentazione di ritornarvi - or via in somma, vedimi in Padova: e presto a diventar sapientone, acciocché tu non vada tuttavia predicando ch'io mi perdo in pazzie. Per altro bado di non volermiti opporre quando mi verrà voglia d'andarmene; perché tu sai ch'io sono nato espressamente inetto a certe cose, massime quando si tratta di vivere con quel metodo di vita ch'esigono gli studj, a spese della mia pace e del mio libero genio, o di' pure, ch'io tel perdono, del mio capriccio. Frattanto ringrazia mia madre, e per minorarle il dispiacere, fa di pronosticarle, così come se la cosa venisse da te, ch'io qui non troverò lunga stanza per più d'un mese, o poco più.

martedì 26 agosto 2008

3 Dicembre

Stamattina io me n'andava un po' per tempo alla villa, ed era già presso alla casa T***, quando mi ha fermato un lontano tintinnio d'arpa. O! io mi sento sorridere l'anima, e scorrere in tutto me quanta mai voluttà allora m'infondeva quel suono. Era Teresa - come poss'io immaginarti, o celeste fanciulla, e chiamarti dinanzi a me in tutta la tua bellezza, senza la disperazione nel cuore! Pur troppo! tu cominci a gustare i primi sorsi dell'amaro calice della vita, ed io con questi occhi ti vedrò infelice, né potrò sollevarti se non piangendo! io; io stesso ti dovrò per pietà consigliare a pacificarti con la tua sciagura.
Certo ch'io non potrei né asserire né negare a me stesso ch'io l'amo; ma se mai, se mai! - in verità non d'altro che di un amore incapace di un solo pensiero: Dio lo sa! -
Io mi fermava, lì lì, senza batter palpebra, con gli occhi, le orecchie, e i sensi tutti intenti per divinizzarmi in quel luogo dove l'altrui vista non mi avrebbe costretto ad arrossire de' miei rapimenti. Ora ponti nel mio cuore, quand'io udiva cantar da Teresa quelle strofette di Saffo tradotte alla meglio da me con le altre due odi, unici avanzi delle poesie di quella amorosa fanciulla, immortale quanto le Muse. Balzando d'un salto, ho trovato Teresa nel suo gabinetto su quella sedia stessa ove io la vidi il primo giorno, quand'ella dipingeva il proprio ritratto. Era neglettamente vestita di bianco; il tesoro delle sue chiome biondissime diffuse su le spalle e sul petto, i suoi divini occhi nuotanti nel piacere, il suo viso sparso di un soave languore, il suo braccio di rose, il suo piede, le sue dita arpeggianti mollemente, tutto tutto era armonia: ed io sentiva una nuova delizia nel contemplarla. Bensì Teresa parea confusa, veggendosi d'improvviso un uomo che la mirava così discinta, ed io stesso cominciava dentro di me a rimproverarmi d'importunità e di villania: essa tuttavia proseguiva ed io sbandiva tutt'altro desiderio, tranne quello di adorarla, e di udirla. Io non so dirti, mio caro, in quale stato allora io mi fossi: so bene ch'io non sentiva più il peso di questa vita mortale.
S'alzò sorridendo e mi lasciò solo. Allora io rinveniva a poco a poco: mi sono appoggiato col capo su quell'arpa e il mio viso si andava bagnando di lagrime - oh! mi sono sentito un po' libero.

lunedì 25 agosto 2008

27 Novembre

Odoardo è partito, ed io me n'andrò quando tornerà il padre di Teresa. Buon giorno.

22 Novembre

Tre giorni, e Odoardo, a dir molto - non sarà qui. Il padre di Teresa lo accompagnerà sino a' confini. S'era lasciato intendere che m'avrebbe pregato di far seco questa breve corsa; ma io ne l'ho ringraziato, perché voglio assolutamente partire: andrò a Padova. Non devo abusare dell'amicizia del signore T*** e della sua buona fede. - Tenete buona compagnia alle mie figliuole, mi diceva egli questa mattina. A vedere, egli mi reputa Socrate - me? e con quell'angelica creatura nata per amare, e per essere amata? e così misera a un tempo! ed io sono sempre in perfetta armonia con gl'infelici, perché - davvero - io trovo un non so che di cattivo nell'uomo prospero.
Non so com'ei non s'avvegga ch'io parlando della sua figlia mi confondo e balbetto; cangio viso e sto come un ladro davanti al giudice. In quel punto io m'immergo in certe meditazioni, e bestemmierei il cielo veggendo in quest'uomo tante doti eccellenti, guaste tutte da' suoi pregiudizi e da una cieca predestinazione che lo faranno piangere amaramente. - Così intanto io divoro i miei giorni, querelandomi e de' miei propri mali e degli altrui.
Eppure me ne dispiace: - spesso rido di me, perché propriamente questo mio cuore non può sofferire un momento, un solo momento di calma. Purché io sia sempre agitato, per lui non rileva se i venti gli spirano avversi o propizj. Ove gli manchi il piacere, ricorre tosto al dolore. Jeri è venuto Odoardo a restituirmi uno schioppetto da caccia ch'io gli aveva prestato, e a pigliare il buon viaggio da me; non ho potuto vederlo partire senza gettarmigli al collo tuttoché avessi dovuto veramente imitare la sua indifferenza. Non so mai di che nome voi altri saggi chiamate chi troppo presto ubbidisce al proprio cuore: perché di certo non è un eroe; ma è forse vile per questo? Coloro che trattano da deboli gli uomini appassionati somigliano quel medico che chiamava pazzo un malato non per altro se non perch'era vinto dalla febbre. Così odo i ricchi tacciare di colpa la povertà, per la sola ragione che non è ricca. A me però sembra tutto apparenza; nulla di reale, nulla. Gli uomini non potendo per se stessi acquistare la propria e l'altrui stima, si studiano d'innalzarsi, paragonando que' difetti che per ventura non hanno, a quelli che ha il loro vicino. Ma chi non si ubbriaca perché naturalmente odia il vino, merita egli lode di sobrio?
O tu che disputi pacatamente su le passioni: se le tue fredde mani non trovassero freddo tutto quello che toccano; se quant'entra nel tuo cuore di ghiaccio non divenisse tosto gelato; credi tu che andresti così glorioso della tua severa filosofia? or come puoi ragionare di cose che non conosci?
Per me, lascio che i saggi vantino una infeconda apatia. Ho letto già tempo, non so in che poeta, che la loro virtù è una massa di ghiaccio che attrae tutto in se stessa e irrigidisce chi le si accosta. Né Dio sta sempre nella sua maestosa tranquillità; ma si ravvolge fra gli aquiloni e passeggia con le procelle 2.

domenica 24 agosto 2008

20 Novembre

Più volte incominciai questa lettera: ma la faccenda andava assai per le lunghe; e la bella giornata, la promessa di trovarmi alla villa per tempo, e la solitudine - ridi? - L'altr'jeri, e jeri mi svegliava proponendo di scriverti; e senza accorgermi, mi trovava fuori di casa.
Piove, grandina, fulmina: penso di rassegnarmi alla necessità, e di giovarmi di questa giornata d'inferno, scrivendoti. - Sei o sette giorni addietro s'è iti in pellegrinaggio. Io ho veduto la Natura più bella che mai. Teresa, suo padre, Odoardo, la piccola Isabellina, ed io siamo andati a visitare la casa del Petrarca in Arquà. Arquà è discosto, come tu sai, quattro miglia dalla mia casa; ma per più accorciare il cammino prendemmo la via dell'erta. S'apriva appena il più bel giorno d'autunno. Parea che Notte seguìta dalle tenebre e dalle stelle fuggisse dal Sole, che uscia nel suo immenso splendore dalle nubi d'oriente, quasi dominatore dell'universo; e l'universo sorridea. Le nuvole dorate e dipinte a mille colori salivano su la volta del cielo che tutto sereno mostrava quasi di schiudersi per diffondere sovra i mortali le cure della Divinità. Io salutava a ogni passo la famiglia de' fiori e dell'erbe che a poco a poco alzavano il capo chinato dalla brina. Gli alberi susurrando soavemente, faceano tremolare contro la luce le gocce trasparenti della rugiada; mentre i venti dell'aurora rasciugavano il soverchio umore alle piante. Avresti udito una solenne armonia spandersi confusamente fra le selve, gli augelli, gli armenti, i fiumi, e le fatiche degli uomini: e intanto spirava l'aria profumata delle esalazioni che la terra esultante di piacere mandava dalle valli e da' monti al Sole, ministro maggiore della Natura. - Io compiango lo sciagurato che può destarsi muto, freddo e guardare tanti beneficj senza sentirsi gli occhi bagnati dalle lagrime della riconoscenza. Allora ho veduto Teresa nel più bell'apparato delle sue grazie. Il suo aspetto per lo più sparso di una dolce malinconia, si andava animando di una gioja schietta, viva, che le usciva dal cuore; la sua voce era soffocata; i suoi grandi occhi neri aperti prima nell'estasi, si inumidivano poscia a poco a poco: tutte le sue potenze parevano invase dalla sacra beltà della campagna. In tanta piena di affetti le anime si schiudono per versarli nell'altrui petto: ed ella si volgeva a Odoardo. Eterno Iddio! parea ch'egli andasse tentone fra le tenebre della notte, o ne' deserti abbandonati dalla benedizione della Natura. Lo lasciò tutto a un tratto, e s'appoggiò al mio braccio, dicendomi - ma, Lorenzo! per quanto mi studi di continuare, conviene pur ch'io mi taccia. Se potessi dipingerti la sua pronunzia, i suoi gesti, la melodia della sua voce, la sua celeste fisonomia, o ricopiar non foss'altro le sue parole senza cangiarne o traslocarne sillaba, certo che tu mi sapresti grado; diversamente, rincresco persino a me stesso. Che giova copiare imperfettamente un inimitabile quadro, la cui fama soltanto lascia più senso che la sua misera copia? E non ti pare ch'io somigli i poeti traduttori d'Omero? Giacché tu vedi ch'io non mi affatico, che per annacquare il sentimento che m'infiamma e stemprarlo in un languido fraseggiamento.
Lorenzo, ne sono stanco; il rimanente del mio racconto, domani: il vento imperversa; tuttavolta vo' tentare il cammino; saluterò Teresa in tuo nome.
Per dio! e' m'è forza di proseguire la lettera: su l'uscio della casa ci è un pantano d'acqua che mi contrasta il passo: potrei varcarlo d'un salto; e poi? la pioggia non cessa: mezzogiorno è passato, e mancano poche ore alla notte che minaccia la fine del mondo. Per oggi, giorno perduto, o Teresa. -
Non sono felice! mi disse Teresa; e con questa parola mi strappò il cuore. Io camminava al suo fianco in un profondo silenzio. Odoardo raggiunse il padre di Teresa; e ci precedevano chiacchierando. La lsabellina ci tenea dietro in braccio all'ortolano. Non sono felice! - io aveva concepito tutto il terribile significato di queste parole, e gemeva dentro l'anima, veggendomi innanzi la vittima che doveva sacrificarsi a' pregiudizi ed all'interesse. Teresa, avvedutasi della mia taciturnità, cambiò voce, e tentò di sorridere: Qualche cara memoria, mi diss'ella - ma chinò subito gli occhi - Io non m'attentai di rispondere.
Eravamo già presso ad Arquà, e scendendo per l'erboso pendio, andavano sfumando e perdendosi all'occhio i paeselli che dianzi si vedeano dispersi per le valli soggette. Ci siamo finalmente trovati a un viale cinto da un lato di pioppi che tremolando lasciavano cadere sul nostro capo le foglie più giallicce, e adombrato dall'altra parte d'altissime querce, che con la loro opacità silenziosa faceano contrapposto a quell'ameno verde de' pioppi. Tratto tratto le due file d'alberi opposti erano congiunte da varij rami di vite selvatica, i quali incurvandosi formavano altrettanti festoni mollemente agitati dal vento del mattino. Teresa allora soffermandosi e guardando d'intorno: Oh quante volte, proruppe, mi sono adagiata su queste erbe e sotto l'ombra freschissima di queste querce! io ci veniva sovente la state passata con mia madre. Tacque e si rivoltò addietro dicendo di volere aspettare la Isabellina che si era un po' dilungata da noi; ma io sospettai ch'ella m'avesse lasciato per nascondere le lagrime che le innondavano gli occhi, e che forse non poteva più rattenere. Ma, e perché, le diss'io, perché mai non è qui vostra madre? - Da più settimane vive in Padova con sua sorella; vive divisa da noi e forse per sempre! Mio padre l'amava: ma da ch'ei s'è pur ostinato a volermi dare un marito ch'io non posso amare, la concordia è sparita dalla nostra famiglia. La povera madre mia dopo d'avere contraddetto invano a questo matrimonio, s'è allontanata per non aver parte alla mia necessaria infelicità. Io intanto sono abbandonata da tutti! ho promesso a mio padre, e non voglio disubbidirlo - ma e mi duole ancor più, che per mia cagione la nostra famiglia sia così disunita - per me, pazienza! - E a questa parola, le lagrime le piovevano dagli occhi. Perdonate, soggiunse, io aveva bisogno di sfogare questo mio cuore angosciato. Non posso né scrivere a mia madre né avere sue lettere mai. Mio padre fiero e assoluto nelle sue risoluzioni non vuole sentirsela nominare; egli mi va tuttavia replicando, che la è la sua e la mia peggiore nemica. Pur sento che non amo, non amerò mai questo sposo col quale è già decretato - immagina, o Lorenzo, in quel momento il mio stato. Io non sapeva né confortarla, né risponderle, né consigliarla. Per carità, ripigliò, non v'affliggete, ve ne scongiuro: io mi sono fidata di voi: il bisogno di trovare chi sia capace di compiangermi - una simpatia - non ho che voi solo. - O angelo! sì sì! potessi io piangere per sempre, e rasciugare così le tue lagrime! questa mia misera vita è tua, tutta: io te la consacro; e la consacro alla tua felicità!
Quanti guai, mio Lorenzo, in una sola famiglia! Vedi ostinazione nel signore T*** che d'altronde è un ottimo galantuomo. Ama svisceratamente sua figlia; spesso la loda e la guarda con compiacenza; e intanto le tiene la mannaja sul collo. Teresa qualche giorno dopo mi raccontò, com'ei dotato d'un'anima ardente visse sempre consumato da passioni infelici; sbilanciato nella sua domestica economia per troppa magnificenza; perseguitato da quegli uomini che nelle rivoluzioni piantano la propria fortuna su l'altrui rovina, e tremante pe' suoi figliuoli, crede di provvedere allo stato di casa sua imparentandosi a un uomo di senno, ricco, e in aspettativa di una eredità ragguardevole - forse, o Lorenzo, anche per certo fumo; ed io vorrei scommettere cento contr'uno ch'ei non lascierebbe in isposa la sua figliuola a chi mancasse mezzo quarto di nobiltà: chi nasce patrizio muore patrizio. Tanto più che egli considera l'opposizione di sua moglie come una lesione alla propria autorità, e questo sentimento tirannesco lo rende ancor più inflessibile. E nondimeno è di ottimo cuore; e quella sua aria sincera, e quell'accarezzare sempre la sua figliuola e alcuna volta compiangerla sommessamente, mostrano ch'ei vede gemendo la dolorosa rassegnazione di quella povera fanciulla, ma - E per questo quand'io veggo come gli uomini cercano per una certa fatalità le sciagure con la lanterna, e come vegliano, sudano, piangono per fabbricarsele dolorosissime, eterne; io mi sparpaglierei le cervella temendo che non mi si cacciasse per capo una simile tentazione.
Ti lascio, o Lorenzo; Michele mi chiama a desinare: tornerò a scriverti, s'altro non posso, a momenti.

Il mal tempo s'è diradato, e fa il più bel dopo pranzo del mondo. Il Sole squarcia finalmente le nubi, e consola la mesta Natura, diffondendo su la faccia di lei un suo raggio. Ti scrivo di rimpetto al balcone donde miro la eterna luce che si va a poco a poco perdendo nell'estremo orizzonte tutto raggiante di fuoco. L'aria torna tranquilla; e la campagna, benché allagata, e coronata soltanto d'alberi già sfrondati e cospersa di piante atterrate pare più allegra che la non era prima della tempesta. Così, o Lorenzo, lo sfortunato si scuote dalle funeste sue cure al solo barlume della speranza, e inganna la sua trista ventura, con que' piaceri a' quali era affatto insensibile in grembo alla cieca prosperità. - Frattanto il dì m'abbandona: odo la campana della sera; eccomi dunque a dar fine una volta alla mia narrazione.
Noi proseguimmo il nostro breve pellegrinaggio fino a che ci apparve biancheggiar dalla lunga la casetta che un tempo accoglieva

Quel Grande alla cui fama è angusto il mondo,
Per cui Laura ebbe in terra onor celesti.

Io mi vi sono appressato come se andassi a prostrarmi su le sepolture de' miei padri, e come uno di que' sacerdoti che taciti e riverenti s'aggiravano per li boschi abitati dagl'Iddii. La sacra casa di quel sommo italiano sta crollando per la irreligione di chi possiede un tanto tesoro. Il viaggiatore verrà invano di lontana terra a cercare con meraviglia divota la stanza armoniosa ancora dei canti celesti del Petrarca. Piangerà invece sopra un mucchio di ruine coperto di ortiche e di erbe selvatiche fra le quali la volpe solitaria avrà fatto il suo covile. Italia! placa l'ombre de' tuoi grandi. - Oh! io mi risovvengo col gemito nell'anima, delle estreme parole di Torquato Tasso. Dopo d'essere vissuto quaranta sette anni in mezzo a' dileggi de' cortigiani, le noje de' saccenti, e l'orgoglio de' principi, or carcerato ed or vagabondo, e tuttavia melancolico, infermo, indigente; giacque finalmente nel letto della morte e scriveva esalando l'eterno sospiro: Io non mi voglio dolere della malignità della fortuna, per non dire della ingratitudine degli uomini, la quale ha pur voluto aver la vittoria di condurmi alla sepoltura mendico. O mio Lorenzo, mi suonano queste parole sempre nel cuore! e' mi par di conoscere chi forse un giorno morrà ripetendole.
Frattanto io recitava sommessamente con l'anima tutta amore e armonia la canzone: Chiare, fresche, dolci acque; e l'altra: Di pensier in pensier, di monte in monte; e il sonetto: Stiamo, Amore, a veder la gloria nostra; e quanti altri di que' sovrumani versi la mia memoria agitata seppe allora suggerire al mio cuore.
Teresa e suo padre se n'erano iti con Odoardo il quale andava a rivedere i conti al fattore d'una tenuta ch'egli ha in que' dintorni. Ho poi saputo ch'e' sta sulle mosse per Roma, stante la morte di un suo cugino; né si sbrigherà così in fretta, perché essendosi gli altri parenti impadroniti de' beni del morto, l'affare si ridurrà a' tribunali.
Come tornarono, quella famigliuola d'agricoltori ci allestì da colazione, dopo di che ci siamo avviati verso casa. Addio, addio. Avrei a narrarti delle altre cose; ma, a dirti il vero, ti scrivo svogliatamente. - Appunto: mi dimenticava di dirti che, ritornando, Odoardo accompagnò a passo a passo Teresa e le parlò lungamente quasi importunandola e con un'aria di volto autorevole. Da alcune poche parole che mi venne fatto d'intendere, sospetto ch'egli la torturasse per sapere a ogni patto di che abbiamo parlato. Onde tu vedi ch'io devo diradar le mie visite - almeno finch'ei si parta.
Buona notte, Lorenzo. Serbati questa lettera: quando Odoardo si porterà seco la felicità, ed io non vedrò più Teresa, né più scherzerà su queste ginocchia la sua ingenua sorellina, in que' giorni di noja ne' quali ci è caro perfino il dolore, rileggeremo queste memorie sdrajati su l'erba che guarda la solitudine d'Arquà, nell'ora che il dì va mancando. La rimembranza che Teresa fu nostra amica rasciugherà il nostro pianto. Facciamo tesoro di sentimenti cari e soavi i quali ci ridestino per tutti gli anni, che ancora tristi e perseguitati ci avanzano, la memoria che non siamo sempre vissuti nel dolore.

sabato 23 agosto 2008

12 Novembre


Jeri giorno di festa abbiamo con solennità trapiantato i pini delle vicine collinette sul monte rimpetto la chiesa. Mio padre pure tentava di fecondare quello sterile monticello; ma i cipressi ch'esso vi pose non hanno mai potuto allignare, e i pini sono ancor giovinetti. Assistito io da parecchi lavoratori ho coronato la vetta, onde casca l'acqua, di cinque pioppi, ombreggiando la costa orientale di un folto boschetto che sarà il primo salutato dal Sole quando splendidamente comparirà dalle Cime de' monti. E jeri appunto il Sole più sereno del solito riscaldava l'aria irrigidita dalla nebbia del morente autunno. Le villanelle vennero sul mezzodì co' loro grembiuli di festa intrecciando i giuochi e le danze di canzonette e di brindisi. Tale di esse era la sposa novella, tale la figliuola, e tal altra la innamorata di alcuno de' lavoratori; e tu sai che i nostri contadini sogliono, allorché si trapianta, convertire la fatica in piacere, credendo per antica tradizione de' loro avi e bisavi che senza il giolito de' bicchieri gli alberi non possano mettere salda radice nella terra straniera. - Frattanto io mi vagheggiava nel lontano avvenire un pari giorno di verno quando canuto mi trarrò passo passo sul mio bastoncello a confortarmi a' raggi del Sole, sì caro a' vecchi: salutando, mentre usciranno dalla chiesa, i curvi villani già miei compagni ne' dì che la gioventù rinvigoriva le nostre membra; e compiacendomi delle frutta che, benché tarde, avranno prodotti gli alberi piantati dal padre mio. Conterò allora con fioca voce le nostre umili storie a' miei e a' tuoi nepotini, o a quei di Teresa che mi scherzeranno dattorno. E quando le ossa mie fredde dormiranno sotto quel boschetto alloramai ricco ed ombroso, forse nelle sere d'estate al patetico susurrar delle fronde si uniranno i sospiri degli antichi padri della villa, i quali al suono della campana de' morti 1 pregheranno pace allo spirito dell'uomo dabbene e raccomanderanno la sua memoria ai lor figli. E se talvolta lo stanco mietitore verrà a ristorarsi dall'arsura di giugno, esclamerà guardando la mia fossa: Egli egli innalzò queste fresche ombre ospitali! - O illusioni! e chi non ha patria, come può dire lascierò qua o là le mie ceneri?

O fortunati! e ciascuno era certo
Della sua sepoltura; ed ancor nullo
Era, per Francia, talamo deserto.
Dante, Paradiso, XV.

1 Novembre

Io sto bene, bene per ora come un infermo che dorme e non sente i dolori; e mi passano gl'interi giorni in casa del signore T*** che mi ama come figliuolo: mi lascio illudere, e l'apparente felicità di quella famiglia mi sembra reale, e mi sembra anche mia. Se nondimeno non vi fosse quello sposo, perché davvero - io non odio persona del mondo, ma vi sono cert'uomini ch'io ho bisogno di vedere soltanto da lontano. - Suo suocero me n'andava tessendo jer sera un lungo elogio in forma di commendatizia: buono - esatto - paziente! e niente altro? possedesse queste doti con angelica perfezione, s'egli avrà il cuore sempre così morto, e quella faccia magistrale non animata mai né dal sorriso dell'allegria, né dal dolce silenzio della pietà, sarà per me un di que' rosaj senza fiori che mi fanno temere le spine. Cos'è l'uomo se tu lo abbandoni alla sola ragione fredda, calcolatrice? scellerato, e scellerato bassamente. - Del resto, Odoardo sa di musica; giuoca bene a scacchi; mangia, legge, dorme, passeggia, e tutto con l'oriuolo alla mano; e non parla con enfasi se non per magnificare tuttavia la sua ricca e scelta biblioteca. Ma quando egli mi va ripetendo con quella sua voce cattedratica, ricca e scelta, io sto lì lì per dargli una solenne smentita. Se le umane frenesie che col nome di scienze e di dottrine si sono iscritte e stampate in tutti i secoli, e da tutte le genti, si riducessero a un migliajo di volumi al più, e' mi pare che la presunzione de' mortali non avrebbe da lagnarsi - e via sempre con queste dissertazioni.
Frattanto ho preso a educare la sorellina di Teresa: le insegno a leggere e a scrivere. Quand'io sto con lei, la mia fisonomia si va rasserenando, il mio cuore è più gajo che mai, ed io fo mille ragazzate. Non so perché, tutti i fanciulli mi vogliono bene. E quella ragazzetta è pur cara! bionda e ricciuta, occhi azzurri, guance pari alle rose, fresca, candida, paffutella, pare una Grazia di quattr'anni. Se tu la vedessi corrermi incontro, aggrapparmisi alle ginocchia, fuggirmi perch'io la siegua, negarmi un bacio e poi improvvisamente attaccarmi que' suoi labbruzzi alla bocca! Oggi io mi stava su la cima di un albero a cogliere le frutta: quella creaturina tendeva le braccia, e balbettando pregavami che per carità non cascassi. Che bell'autunno! addio Plutarco! sta sempre chiuso sotto il mio braccio. Sono tre giorni ch'io perdo la mattina a colmare un canestro d'uva e di pesche, ch'io copro di foglie, avviandomi poi lungo il fiumicello, e giunto alla villa, desto una famiglia cantando la canzonetta della vendemmia.

giovedì 21 agosto 2008

28 Ottobre

Taci, taci: - vi sono de' giorni ch'io non posso fidarmi di me: un demone mi arde, mi agita, mi divora. Forse io mi reputo molto; ma e' mi pare impossibile che la nostra patria sia così conculcata mentre ci resta ancora una vita. Che facciam noi tutti i giorni vivendo e querelandoci? insomma non parlarmene più, ti scongiuro. Narrandomi le nostre tante miserie mi rinfacci tu forse perché io mi sto qui neghittoso? e non t'avvedi che tu mi strazi fra mille martirj? Oh! se il tiranno fosse uno solo, e i servi fossero meno stupidi, la mia mano basterebbe. Ma chi mi biasima or di viltà, m'accuserebbe allor di delitto; e il savio stesso compiangerebbe in me, anziché il consiglio del forte, il furore del forsennato. Che vuoi tu imprendere fra due potenti nazioni che nemiche giurate, feroci, eterne, si collegano soltanto per incepparci? e dove la loro forza non vale, gli uni c'ingannano con l'entusiasmo di libertà, gli altri col fanatismo di religione: e noi tutti guasti dall'antico servaggio e dalla nuova licenza, gemiamo vili schiavi, traditi, affamati, e non provocati mai né dal tradimento, né dalla fame. - Ahi, se potessi, seppellirei la mia casa, i miei più cari e me stesso per non lasciar nulla nulla che potesse inorgoglire costoro della loro onnipotenza e della mia servitù! E' vi furono de' popoli che per non obbedire a' Romani ladroni del mondo, diedero all'incendio le loro case, le loro mogli, i loro figli e sé medesimi, sotterrando fra le gloriose ruine e le ceneri della loro patria la lor sacra indipendenza.

lunedì 18 agosto 2008

26 Ottobre


La ho veduta, o Lorenzo, la divina fanciulla; e te ne ringrazio. La trovai seduta miniando il proprio ritratto. Si rizzò salutandomi come s'ella mi conoscesse, e ordinò a un servitore che andasse a cercar di suo padre. Egli non si sperava, mi diss'ella, che voi sareste venuto; sarà per la campagna; né starà molto a tornare. Una ragazzina le corse fra le ginocchia dicendole non so che all'orecchio. È un amico di Lorenzo, le rispose Teresa, è quello che il babbo andò a trovare l'altr'jeri. Tornò frattanto il signor T***: m'accoglieva famigliarmente, ringraziandomi che io mi fossi sovvenuto di lui. Teresa intanto, prendendo per mano la sua sorellina, partiva. Vedete, mi diss'egli, additandomi le sue figliuole che uscivano dalla stanza; eccoci tutti. Proferì, parmi, queste parole come se volesse farmi sentire che gli mancava sua moglie. Non la nominò. Si ciarlò lunga pezza. Mentr'io stava per congedarmi, tornò Teresa: Non siamo tanto lontani, mi disse; venite qualche sera a veglia con noi.
Io tornava a casa col cuore in festa. - Che? lo spettacolo della bellezza basta forse ad addormentare in noi tristi mortali tutti i dolori? vedi per me una sorgente di vita: unica certo, e chi sa! fatale. Ma se io sono predestinato ad avere l'anima perpetuamente in tempesta, non è tutt'uno?

24 Ottobre

L'ho pur una volta afferrato nel collo quel ribaldo contadinello che dava il guasto al nostro orto, tagliando e rompendo tutto quello che non poteva rubare. Egli era sopra un pesco, io sotto una pergola: scavezzava allegramente i rami ancora verdi perché di frutta non ve ne erano più: appena l'ebbi fra le ugne, cominciò a gridare: Misericordia! Mi confessò che da più settimane facea quello sciagurato mestiere perché il fratello dell'ortolano aveva qualche mese addietro rubato un sacco di fave a suo padre. - E tuo padre t'insegna a rubare? - In fede mia, signor mio, fanno tutti così. - L'ho lasciato andare, e scavalcando una siepe io gridava: Ecco la società in miniatura; tutti così.

domenica 17 agosto 2008

23 Ottobre



Se m'è dato lo sperare mai pace, l'ho trovata, o Lorenzo. Il parroco, il medico, e tutti gli oscuri mortali di questo cantuccio della terra mi conoscono sin da fanciullo e mi amano. Quantunque io viva fuggiasco, mi vengono tutti d'intorno quasi volessero mansuefare una fiera generosa e selvatica. Per ora io lascio correre. Veramente non ho avuto tanto bene dagli uomini da fidarmene così alle prime: ma quel menare la vita del tiranno che freme e trema d'essere scannato a ogni minuto mi pare un agonizzare in una morte lenta, obbrobriosa. Io seggo con essi a mezzodì sotto il platano della chiesa leggendo loro le vite di Licurgo e di Timoleone. Domenica mi s'erano affollati intorno tutti i contadini, che, quantunque non comprendessero affatto, stavano ascoltandomi a bocca aperta. Credo che il desiderio di sapere e ridire la storia de' tempi andati sia figlio del nostro amor proprio che vorrebbe illudersi e prolungare la vita unendoci agli uomini ed alle cose che non sono più, e facendole, sto per dire, di nostra proprietà. Ama la immaginazione di spaziare fra i secoli e di possedere un altro universo. Con che passione un vecchio lavoratore mi narrava stamattina la vita de' parrochi della villa viventi nella sua fanciullezza, e mi descriveva i danni della tempesta di trentasett'anni addietro, e i tempi dell'abbondanza, e quei della fame, rompendo il filo ogni tanto, ripigliandolo, e scusandosi dell'infedeltà! Così mi riesce di dimenticarmi ch'io vivo.
È venuto a visitarmi il signore T*** che tu conoscesti a Padova. Mi disse che spesso gli parlavi di me, e che jer l'altro glien'hai scritto. Anche egli s'è ridotto in campagna per evitare i primi furori del volgo, quantunque a dir vero non siasi molto ingerito ne' pubblici affari. Io n'aveva inteso parlare come d'uomo di colto ingegno e di somma onestà: doti temute in passato, ma adesso non possedute impunemente. Ha tratto cortese, fisonomia liberale, e parla col cuore. V'era con lui un tale; credo, lo sposo promesso di sua figlia. Sarà forse un bravo e buono giovine; ma la sua faccia non dice nulla. Buona notte.

sabato 16 agosto 2008

18 Ottobre

Michele mi ha recato il Plutarco, e te ne ringrazio. Mi disse che con altra occasione m'invierai qualche altro libro; per ora basta. Col divino Plutarco potrò consolarmi de' delitti e delle sciagure dell'umanità volgendo gli occhi ai pochi illustri che quasi primati dell'umano genere sovrastano a tanti secoli e a tante genti. Temo per altro che spogliandoli della magnificenza storica e della riverenza per l'antichità, non avrò assai da lodarmi né degli antichi, né de' moderni, né di me stesso - umana razza!

16 Ottobre


Or via, non se ne parli più: la burrasca pare abbonacciata; se tornerà il pericolo, rassicurati, tenterò ogni via di scamparne. Del resto io vivo tranquillo; per quanto si può tranquillo. Non vedo persona del mondo: vo sempre vagando per la campagna; ma a dirti il vero penso, e mi rodo. Mandami qualche libro.
Che fa Lauretta? povera fanciulla! io l'ho lasciata fuori di sé. Bella e giovine ancora, ha pur inferma la ragione; e il cuore infelice infelicissimo. Io non l'ho amata; ma fosse compassione o riconoscenza per avere ella scelto me solo consolatore del suo stato, versandomi nel petto tutta la sua anima e i suoi errori e i suoi martirj - davvero ch'io l'avrei fatta volentieri compagna di tutta la mia vita. La sorte non ha voluto; meglio così, forse. Ella amava Eugenio, e l'è morto fra le braccia. Suo padre e i suoi fratelli hanno dovuto fuggire la loro patria, e quella povera famiglia destituta di ogni umano soccorso è restata a vivere, chi sa come! di pianto. Eccoti, o Libertà, un'altra vittima. Sai ch'io ti scrivo, o Lorenzo, piangendo come un ragazzo? - pur troppo! ho avuto sempre a che fare con de' tristi; e se alle volte ho incontrato una persona dabbene ho dovuto sempre compiangerla. Addio, addio.

13 Ottobre

Ti scongiuro, Lorenzo; non ribattere più. Ho deliberato di non allontanarmi da questi colli. È vero ch'io aveva promesso a mia madre di rifuggirmi in qualche altro paese; ma non mi è bastato il cuore: e mi perdonerà, spero. Merita poi questa vita di essere conservata con la viltà, e con l'esilio? Oh quanti de' nostri concittadini gemeranno pentiti, lontani dalle loro case! perché, e che potremmo aspettarci noi se non se indigenza e disprezzo; o al più, breve e sterile compassione, solo conforto che le nazioni incivilite offrono al profugo straniero? Ma dove cercherò asilo? in Italia? terra prostituita premio sempre della vittoria. Potrò io vedermi dinanzi agli occhi coloro che ci hanno spogliati, derisi, venduti, e non piangere d'ira? Devastatori de' popoli, si servono della libertà come i Papi si servivano delle crociate. Ahi! sovente disperando di vendicarmi mi caccerei un coltello nel cuore per versare tutto il mio sangue fra le ultime strida della mia patria.
E questi altri? - hanno comperato la nostra schiavitù, racquistando con l'oro quello che stolidamente e vilmente hanno perduto con le armi. - Davvero ch'io somiglio un di que' malavventurati che spacciati morti furono sepolti vivi, e che poi rinvenuti, si sono trovati nel sepolcro fra le tenebre e gli scheletri, certi di vivere, ma disperati del dolce lume della vita, e costretti a morire fra le bestemmie e la fame. E perché farci vedere e sentire la libertà, e poi ritorcerla per sempre? e infamemente!

venerdì 15 agosto 2008

Da' colli Euganei, 11 Ottobre 1797

Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch'io per salvarmi da chi m'opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho obbedito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo; quanti sono dunque gli sventurati? E noi, purtroppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degl'italiani. Per me segua che può. Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra le braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente compianto da' pochi uomini, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra de' miei padri.

Al lettore

Pubblicando queste lettere, io tento di erigere un monumento alla virtù sconosciuta; e di consecrare alla memoria del solo amico mio quelle lagrime, che ora mi si vieta di spargere su la sua sepoltura. E tu, o Lettore, se uno non sei di coloro che esigono dagli altri quell'eroismo di cui non sono eglino stessi capaci, darai, spero, la tua compassione al giovine infelice dal quale potrai forse trarre esempio e conforto.

Lorenzo Alderani


Libertà va cercando, ch'è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.